A PROPOSITO DI QUANTO STA ACCADENDO NELLA VICINA CITTÀ CAPOLUOGO
Quello che accade, in un solo giorno in una città, a volerlo raccontare potrebbero non bastare le sue 24 ore. Il racconto muta continuamente, differisce, evolve, si riproduce, ride. Libera esperienze, ma anche stagna, recede, si piega, piange. Sempre, in ogni caso, riferisce del suo governo e della sua qualità; del suo animo, del suo amore, del suo essere, dei suoi respiri, dei suoi sogni, delle sue passioni, delle sue speranze, delle sue genti. Raccontare la città, il suo Ordine Urbano, le sue frequenze lineari, i suoi spazi, i suoi luoghi, le sue prossimità, il suo essere, non è solo questione di tempo necessario a farlo, ma di competenze acquisite e non di irriguardose approssimazioni. Lo so bene! Per questo la mia riflessione non “tocca” elementi, sequenze o dicotomie di gergo, che non mi vedrebbero competente, ma riflette un sentimento di amore, che trova, esso si, il suo essere nel rispetto di quanto per la città si è fatto, senza neutralizzarne l'oggettività. Frequentavo le prime Classi delle Elementari quando sentivo mio nonno materno parlare di Potenza. Tutte le domeniche mattina, dopo messa, questi che mi teneva per mano, con tono di voce risoluto, si rivolgeva ai suoi muratori e dava loro indicazioni non senza ascoltarli, circa il lavoro da farsi all'indomani, proprio nella città di Potenza. Erano gli anni '60, quelli del boom economico, e un esercito di muratori, scalpellini, impiantisti, falegnami, imbianchini, operai...muovevano, insieme a delle eccellenze intellettuali, quotidianamente per Potenza. Opere pianificate per recuperare le discontinuità urbane che la guerra aveva accentuato si vedevano dappertutto e la Città assumeva sempre di più la sua consistenza. Oggi, e, più propriamente da un decennio, i suoi luoghi sono sempre di più indicativi di un sano registro che attesta di una avvenuta programmazione e contestuale realizzazione, impresse con differenti quanto miracolose e contestuali velocità, che pure i ciechi vedono e che solo gli “ostinati” negano. Per fortuna di tutti è largamente partecipato il giudizio positivo, grazie ai risultati ottenuti per il lavoro fatto. Di ieri il verdetto che finalmente vuole Potenza, con la qualità urbana che esprime, “Città Capoluogo”! Le sue importanti Mostre di Maestri dalla caratura internazionale, i suoi Concerti prestigiosi, le sue Rassegne Culturali, insieme alla natura, alla qualità dei servizi erogati, alla manifesta cura urbana praticata, agli indicatori socio-economici di cui essa dispone, lo hanno decretato. Non ricordo, di Potenza, una Stagione Socio-culturale migliore di quella appena vissuta e largamente condivisa in cui ogni cittadino si è sentito protagonista e forgiatore del proprio destino. Purtroppo, vicende, “accadimenti” naturalmente diversi, magari frutto di discutibili circostanze – che si vogliono assegnare al caso -, sembrano d'un colpo voler spazzare via, tanta bella, utile, proficua e faticosa Storia Raggiunta. Così, attenuata, ma ancora non del tutto, la sinistra eco de: “Hè, sò mègli r' tè!” - teoria che, storicamente, non ha mai dato buoni frutti – , per non perdere la scena e tenere alto il divello della distrazione, si sta cercando di alimentarne un'altra: quella del simbolo leonino. Un altro capitolo, dunque, che, però, sintetizza piuttosto un'espressione da savana urbana che da urbe civitas. Di ieri, la testata di un giornale locale faceva bella mostra di un immagine in prima pagina in cui dava conto della scultura commissionata dal Sindaco Fierro. Così, mentre il felino, riprodotto a mente di dichiarate nozioni prossemiche, restava (a vederlo oseremmo dire, giustamente) ammansato da quello straordinario ammaestratore che è il tempo, la città si apprestava a cambiar faccia, a divenire quella che è. Con le sue scale mobili, con le sue riqualificazioni urbane, con i suoi progetti ed i suoi obiettivi raggiunti, con un volto più umano. Non sfugga a nessuno quanto sia mutata, ed in positivo, la consapevolezza dei suoi cittadini di vivere in un luogo riscattato dove si è punto di sintesi, rappresentativo dell'intera Basilicata. Personalmente, pur nei miei limiti e fuor di polemica, ho deciso di offrire questa riflessione, rispettando, onorando, difendendo le gesta di quei tantissimi che, come mio nonno, hanno dato il loro meglio alla Città edificandola in quelli che ancora oggi sono magnifiche risultanze. Sarebbe un vero peccato cadere nell'insidiosa trappola che talune rappresentanze di questa contemporaneità mirano a tendere. Come se non bastasse, di suo, quello che la quotidianità ci riserva. Allora? Allora ciascuno di noi si senta un leone autentico, e non il partigiano riflesso simbolico di una legittima, ma vacua, espressione di vanità. Potenza merita rispetto. Non la cinica rappresentazione di apparati escludenti che rovinano verso un inevitabile disastro concettuale. Vorremmo poter ritornare ad ascoltare non pseudo ruggiti impaginati in un'aurea costretta all'autocelabrazione, ma il suono delle sue genti operose che hanno saputo partecipare al miracolo del suo ultimo decennio.